Obesità e città

Di Mario Pappagallo, Presidente EUHCNET

Una persona su otto al mondo avrà il diabete di tipo 2 entro il 2045 se l’obesità continua
a salire al ritmo attuale, secondo un nuovo studio.
L’anno scorso, il 14% della popolazione globale era obesa e il 9% aveva il diabete di tipo 2.
Entro il 2045, il 22% sarà obeso e il 12% soffrirà di diabete di tipo 2, suggeriscono le stime
presentate al Congresso europeo sull’obesità a Vienna.
Le implicazioni dei numeri in espansione sono gravi per i sistemi sanitari in ogni Paese.
Scrive il Guardian nel reportage da Vienna: “Diabetes UK stima che il servizio sanitario inglese
(NHS) spenda già 14 miliardi di sterline all’anno, circa il 10% del suo budget, per il
diabete e le sue complicazioni dirette e indirette. Le persone con diabete hanno bisogno
di monitoraggio, trattamento e cura per le gravi complicazioni potenziali che possono includere
amputazioni e cecità”. Sovrappeso, obesità e diabete hanno un legame inscindibile,
che funziona da amplificatore di questi costi socio-sanitari.
L’obesità è un serio problema di salute e un importante fattore di rischio per molte malattie
cardiovascolari, soprattutto nei paesi sviluppati, ricordano gli esperti. Alcuni studi ipotizzano
che la sua origine possa essere genetica ma, al momento, questa spiegazione sembra
essere applicabile solo al 5% dei casi più gravi di obesità. Il contributo genetico, infatti,
non consente di spiegare la maggior parte delle variazioni individuali dell’indice di massa
corporea. Variazioni che sarebbero quindi da attribuire a fattori ambientali e allo stile di
vita delle persone. E la città concentra in sé molti stimoli obesogeni: inattività, inquinamento,
cibo spazzatura (diffuso e a basso costo), stress.
Per il nostro corpo il cibo del fast food ha lo stesso effetto di un’infezione batterica.
Zuccheri, grassi e calorie rendono infatti il nostro sistema immunitario più “aggressivo”
sul lungo termine. È quanto emerge da uno studio dell’Università di Bonn, pubblicato su
Cell. Secondo questa ricerca, gli effetti dell’aumento di “aggressività” dei nostri anticorpi
perdurano anche molto tempo dopo il passaggio a una dieta sana. Alterazioni che, a lungo
termine, possono contribuire anche allo sviluppo di arterosclerosi e diabete.
E una cosa è ormai appurata. Vivere in ambienti con maggiore tasso di obesità pare possa
influenzare il nostro peso corporeo. Negli ultimi anni si fa strada la teoria del “contagio sociale”,
secondo cui le influenze sociali, le norme comportamentali e l’immagine che ciascuno
ha di sé stessi, possono determinare alcune condizioni morbose quali ad esempio l’obesità.
Contagio nelle città più diffuso che nelle aree rurali.
Chiarire se i tassi di obesità in alcuni contesti dipendano da una forma di contagio sociale
piuttosto che da un’autoselezione naturale fra simili, possibilmente legata anche alla condivisione
di luoghi e abitudini, potrebbe cambiare gli approcci delle politiche sanitarie per
il miglioramento dello stato di salute delle popolazioni.
Un interessante studio conferma. Attingendo i dati da uno studio epidemiologico condotto
su 38 insediamenti statunitensi militari, includendo 1.519 famiglie, di cui 1.314 adulti e
1.111 adolescenti, sono stati registrati i dati antropometrici e l’indice di massa corporea
(IMC), relativi a un anno di osservazione. Ne è risultato che le famiglie trasferite in zone
con un maggiore tasso di obesità hanno un IMC mediamente più elevato e un maggiore

tasso di sovrappeso-obesità. Per esempio, per ogni 1% in più del tasso di obesità territoriale
si è osservato: nei genitori adulti, in media un punteggio di 0,08 in più sul dato
dell’IMC e un 5% in più di obesità; nei ragazzi, un 4% in più sul tasso di sovrappesoobesità.
La correlazione fra il tasso di obesità territoriale, i valori di IMC e la prevalenza
di sovrappeso-obesità è stata più forte per periodi di insediamento più lunghi (superiori
ai 24 mesi) per i ragazzi, e per l’intera famiglia è stata maggiore per coloro che vivevano
fuori sede dell’insediamento piuttosto che all’interno. L’osservazione eseguita su tali
popolazioni, assegnate a territori in maniera casuale, escluderebbe le ipotesi di autoselezione,
così come l’analisi sull’influenza della possibile condivisione di determinati ambienti
e spazi ha escluso anche ciò come possibile fattore confondente sui risultati.
In conclusione, secondo gli autori della ricerca, vivere in territori con maggiore tasso di
obesità può determinare un maggiore rischio di sovrappeso-obesità. E la città è territorio
ad alti stimoli obesogeni. Occorre agire sulle città per invertire la tendenza.
Un altro studio, condotto da scienziati finanziati dalla società farmaceutica Novo Nordisk
insieme allo Steno Diabetes Center di Gentofte, in Danimarca, e all’University College di
Londra ci dimostra che per evitare che il diabete di tipo 2 superi il 10%, i livelli di obesità
devono scendere di un quarto. E siccome l’urbanizzazione porta con sé l’incremento
dei casi di obesità e di diabete, sempre più istituzioni stanno collaborando al programma
Cities Changing Diabetes, partito nel 2014 per accelerare la lotta globale contro il diabete
urbano. Il programma è iniziato con otto città: Copenhagen, Roma, Houston, Johannesburg,
Vancouver, Città del Messico, Tianjin e Shanghai. Da allora si sono aggiunte altre
sette città: Pechino, Buenos Aires, Hangzhou, Koriyama, Leicester, Mérida e Xiamen. E
ora parteciperà anche Milano.
“Questi numeri sottolineano la sfida sbalorditiva che il mondo dovrà affrontare in futuro
in termini di numero di persone che sono obese, o hanno il diabete di tipo 2, o entrambi.
Oltre alle sfide mediche che queste persone dovranno affrontare, i costi per i sistemi
sanitari dei Paesi saranno enormi”, dice Alan Moses di Novo Nordisk Research and Development
a Søborg, Danimarca.
Si prevede che la prevalenza globale di obesità e diabete aumenterà drasticamente, a
meno che la prevenzione dell’obesità non sia intensificata in modo significativo. Il primo
passo deve essere il riconoscimento della sfida che l’obesità presenta e la mobilitazione
di servizi sociali e risorse per la prevenzione delle malattie.
I ricercatori hanno calcolato il probabile aumento dell’obesità per i singoli Paesi. Se le
attuali tendenze negli Stati Uniti continuano, l’obesità aumenterà dal 39% nel 2017 al
55% nel 2045 e le percentuali di diabete dal 14% al 18%. Per mantenere i tassi di diabete
negli USA stabili tra il 2017 e il 2045, l’obesità deve scendere dal 38% di oggi al 28%. Nel
Regno Unito, dicono, le attuali tendenze prevedono che l’obesità aumenterà dal 32% di2122
oggi al 48% nel 2045, mentre i livelli di diabete saliranno dal 10,2% al 12,6%, con un aumento
del 28%. Per stabilizzare i tassi di diabete nel Regno Unito al 10%, la prevalenza
dell’obesità deve scendere dal 32% al 24%. Stesso obiettivo per l’Italia: almeno un 10%
in meno nella curva di incremento nei prossimi 25 anni.
Ovviamente, ogni Paese è diverso per condizioni genetiche, sociali e ambientali. Per
questo non può esistere un approccio uguale per tutti, ma è l’obiettivo che deve essere
unico. In prima linea, le città e i sindaci che hanno un ruolo chiave per cambiare gli stili
di vita errati e una cultura nell’affrontare i problemi legati all’obesità che finora è stata
perdente.