Se le città sprofondano e rischiano di scomparire

La rivista Forbes ha stilato la classifica delle città che rischiano di scomparire. Città del Messico sta lentamente sprofondando: colpa della falda acquifera sotto la metropoli. Ogni volta che qualcuno dei 20 milioni di abitanti fa uscire dal rubinetto un getto d’acqua, la città sprofonda un po’ di più. Negli ultimi 100 anni, alcuni quartieri si sono abbassati addirittura di 9 metri. In pericolo, poi, ci sono alcune città africane come Timbuctù, nel Mali, seppellita dalle sabbie del Sahara, e Banjul, in Gambia, che potrebbe essere inghiottita dall’innalzamento dell’oceano Atlantico nel giro di 50 anni. Anche San Francisco, com’è noto, è tra le città più a rischio, questa volta per i terremoti (il famoso Big One dovrebbe arrivare nel giro di settant’anni). Altre città in pericolo per l’innalzamento del mare sarebbero Bangkok, in Thailandia, e Jakarta, in Indonesia. Il rischio maggiore è dovuto all’aumento del livello del mare provocato dal riscaldamento globale, che avviene ad un ritmo di quasi un millimetro all’anno. Se questa tendenza continuerà, entro il 2100 le acque si alzeranno di almeno 65 centimetri, creando seri problemi alle città costiere in gran parte del mondo. Questa crescita in alcune città sembra essere più veloce, dovuto a una serie di concause. Jakarta è una di queste. 10 milioni di abitanti, megalopoli indonesiana che i primi fondatori la chiamarono Jayakarta, “la città vittoriosa” , con un territorio che si allarga sino ad inglobare circa 30 milioni di persone che vivono nella regione, sta sprofondando ad una velocità doppia rispetto altre metropoli che vivono sulle coste in tutto il mondo. sta smottando al doppio della velocità media di tutte le metropoli costiere al mondo: La parte nord di Jakarta, negli ultimi 10 anni è già sprofondata di due metri e mezzo negli ultimi 10 anni. Con una media di 25 cm l’anno la capitale indonesiana entro trent’anni potrebbe trovarsi nella parte costiera , per Heri Andreas, che studia il fenomeno all’ Istituto Badung da decenni , per il 95 per cento sommersa dalle acque. Jakarta che si affaccia a Nord sul Mare di Java, mentre è circondata a Sud da foreste, è inserita in un contesto ambientale dove piove 300 giorni l’ anno e dalle montagne si incanalano ben 13 fiumi che vanno verso il territorio urbano. Una megalopoli che è minacciata anche dall’innalzamento del livello delle acque marine, a causa del surriscaldamento, Giacarta oggi si gioca la sua sopravvivenza. Girando per le zone già sommerse si vedono bambini, che nelle fabbriche abbandonate e in parte sommerse e nel quartiere di Muara Bari si trovano palazzi ormai abbandonati dove i piani terra sono inondati. Quella che era l’Amsterdam dei Tropici, città rifondata dai coloni danesi che costruirono una graticola di canali e strade come nei Paesi Bassi, è vittima costante di alluvioni tanto improvvisi che copiosi, lampo, e con un lento e costante sprofondamento della città sotto il livello del mare. Una principale concausa del riscaldamento globale è dovuta alle continue trivellazioni non regolamentate , per poter estrarre acqua dai pozzi, per poter far fronte a una carenza cronica di fabbisogno di acqua, dove l’ente cittadino che si occupa del rifornimento idrico è in grado di far fronte al fabbisogno idrico di solo il 40 per cento della popolazione. Quindi per “ragion sociale” si è consentito l’ estrazione dell’ acqua con alle pompe private, anche se, poi si è esagerato. I «kampung», i piccoli quartieri improvvisati che in migliaia costellano la grande metropoli indonesiana, nella parte vicino al mare vede la popolazione vive su palafitte, con la parte sottostante utilizzate come fogne a cielo aperto. Non è difficile immaginarsi cosa accade quando quando i fiumi si gonfiano e veri acquitrini rendono il contesto insalubre. In passato il dibattito si è spostato se spostare la capitale, ma la maggioranza vuole mantenere Jakarta dove è, contando sull’argine posto dal Grande Garuda, nome dato alla muraglia costiera costruita negli ultimi anni con la collaborazione degli olandesi, che dovrebbe servire ad arginare le mareggiate. In realtà il Grande Garuda presenta molti punti potenzialmente permeabili, e se le acque dovrebbero fare breccia l’effetto per la metropoli sarebbe devastante. Una metropoli con il 97% del territorio che è asfalto e cemento, dove la parte agricola è stata sostituita da palazzi, dove le mangrovie, possibili argini naturali, sono state estirpate per far posto a nuove soluzioni abitative. Jakarta non purtroppo non è sola. In questa sotuazione critica troviamo anche C’è Venezia e New Orleans, in America. Venezia continua ad affondare in modo lento, ma a una velocità maggiore di quanto previsto, e in più si sta inclinando leggermente verso Est. Non c’è solo il livello del mare che si sta innalzando per il riscaldamento globale, ma anche il suolo che s’abbassa, per il fenomeno della subsidenza. A Venezia avviene con un tasso di circa 2 millimetri l’anno. Gli studiosi legano il fenomeno all’ estrazione di acque dalle falde sotterranee, messa in atto dagli anni Venti agli anni

Settanta, per raffreddare gli impianti di Porto Marghera. Il pompaggio di conseguenza fu vietato: la subsidenza artificiale si fermò, ma non quella dovuta a cause naturali, come l’ inabissarsi dei suoli nelle zone umide. Anche New Orleans deve affrontare una minaccia dal mare e dalla terra. La disastrosa inondazione dell’ uragano Katrina ha contribuito a rendere drammatica la situazione: la maggior parte della metropoli nella Louisiana è al di sotto del livello del mare, da 1,5 a 3 metri, e secondo il U.S. Geological Survey il livello del mare sulla città potrebbe innalzarsi da 2,5 a 4 metri. Ma anche l’ Asia pullula di popolose città costiere a rischio. Nelle ultime settimane si è parlato di Bangkok, afflitta dai monsoni e di nuovo alluvionata. Se non si interviene, anche lei rischia di finire 5 metri sott’ acqua entro 15 anni poiché la capitale tailandese si trova a circa un metro e 60 sotto il livello del mare e sta sprofondando di 2 cm l’ anno. Un nuovo studio del governo tailandese sostiene che la capitale, con 14 milioni di abitanti, potrebbe finire sott’ acqua per la stessa subsidenza di Giacarta. Il Consiglio della Riforma Nazionale ha avvisato che «soluzione immediate e costose sono indispensabili per evitare la catastrofe innescata da eccessive estrazioni d’ acqua dalle falde acquifere, dal peso dello sviluppo edilizio fuori controllo e dai livelli del mare che aumentano » Poi c’ è Colombo, nello Sri Lanka, Ho Chi Min City in Vietna m, Mumbai e Chennai, in India, e Dacca, con gran parte del Bangladesh. Qui si prospettano non solo grandi e pericolose alluvioni, ma il vero allagamento di pezzi di città con costi umani al momento incalcolabili.

La Redazione