Di fronte agli stravolgimenti del Covid-19, della guerra e del cambiamento climatico, l’evoluzione delle Città Sane assume un valore vitale. La sfida in capo alle amministrazioni locali e agli HCM è gravosa e adesso serve una grande risposta a tutela della salute presente e futura di intere comunità. Dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale e con l’istituzione nel 1948 dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), a livello internazionale venne definito il concetto di salute come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Successivamente con la Carta di Ottawa (1986), si introdusse quello di promozione della salute ovvero un processo per rinforzare il controllo e migliorare il benessere delle persone, a partire dalla garanzia di condizioni essenziali come pace, casa, istruzione, cibo, reddito, ambiente, equità sociale. In Italia la tutela della salute fu riconosciuta tra i capisaldi della Costituzione, quale diritto universale dell’individuo e di interesse della collettività. Negli anni della ricostruzione l’assistenza crebbe con la proliferazione di enti mutualistici: in meno di 30 anni la copertura delle mutue passò da 15,3 milioni di assistiti (33% della popolazione) a 53,4 milioni (95%), facendo esplodere costi e disavanzo. La frammentazione e l’insostenibilità dell’assistenza divenne un’emergenza tale da portare all’emanazione della Legge 833/78 di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) il quale, oltre che su universalità e presa in carico dei malati, si fondava su integrazione socio-sanitaria e territorialità. Negli anni ‘90, a causa del perpetuarsi di alcune fragilità organizzative e diseconomie, il SSN fu oggetto di diversi processi di “riordino”, culminati nella riforma costituzionale del Titolo V in chiave federalista. Negli ultimi decenni, per compensare la rigidità del modello statale, il baricentro istituzionale si è quindi progressivamente spostato verso regioni ed enti territoriali. In particolare, vista la forte urbanizzazione e la crescente densità demografica, le città sono diventate il perno per l’articolazione delle politiche di promozione e tutela della salute, con oltre il 70% della popolazione concentrata tra grandi e piccoli centri abitati. In esse si materializzano le principali sfide demografiche (invecchiamento, denatalità), sociali (analfabetismo, povertà, migrazioni), sanitarie (malattie croniche, depressione), economiche (crisi produttiva e occupazionale) e ambientali (inquinamento, cambiamento climatico). In risposta alla crescente decentralizzazione e all’evoluzione olistica della salute, sono nati lo European Health City Network e successivamente la Rete Italiana Città Sane dell’OMS, con l’obiettivo di mettere il benessere al centro dell’agenda politica comunale, per costruire un modello di governo partecipativo e solidaristico, fondato su collaborazioni intersettoriali (pubblico, privato e terzo settore) e alleanze civiche con le comunità locali, per impattare sulle determinanti di natura sociale, economica e ambientale. Processo recentemente rinforzatosi con la Urban Health Rome Declaration (2017), sottoscritta da Ministero della Salute e ANCI, all’interno della quale si propone l’istituzione della figura dell’Health City Manager (HCM), una figura specialistica ideata e creata da Health City Institute in grado di supportare le Amministrazioni locali per promuovere una gestione integrata delle diverse sfere di influenza della salute. In tale cornice si inserisce la sperimentazione dell’HCM presso il Comune di Bologna, dove oggi l’amministrazione è impegnata nell’attuazione delle linee di mandato 2021-26 del neo Sindaco Lepore, dal titolo “La Grande Bologna, per non lasciare indietro nessuno”. Uno dei cinque macro-ambiti di intervento ha ad oggetto il diritto alla salute e alla fragilità, per la cui tutela si punta sullo “sviluppo di un nuovo welfare di prossimità, che acceleri l’integrazione tra politiche sociali, sanitarie e abitative, a vantaggio di una concezione più ampia di promozione del benessere e della salute a livello metropolitano”. Strategia che, con il supporto attuativo degli HCM, mira al rafforzamento dell’Ufficio di Piano, all’evoluzione delle Case della Salute in Case di Comunità, alla connessione tra prevenzione e promozione sia in termini di macro-pianificazione che di attuazione degli interventi su nutrizione, stili di vita e attività fisica, architettura e pianificazione urbana, produzione e lavoro, energia e ambiente, trasporti e mobilità sostenibile. Di fronte agli stravolgimenti del Covid-19, della guerra e del cambiamento climatico, l’evoluzione delle Città in Salute assume un valore vitale. La sfida in capo alle amministrazioni locali e agli HCM è gravosa e adesso serve una grande risposta a tutela della salute presente e futura di intere comunità.