A cura di Furio Honsell, Sindaco di Udine e Stefania Pascut, Responsabile Ufficio di Promozione OMS “Città Sane” – Udine

Di fronte alle sirene ammalianti dei centri commerciali e dei fast food, con le loro succulente ed economiche (!) proposte, fritte e ben salate, condite con maionese e ketchup, che inducono poi a cercare sollievo dalla sete con bibite zuccherate, senza darsi pensiero degli interferenti endocrini, il tutto in un fresco microclima artificiale in barba alla dispersione energetica, mentre risuona una musica dolce e rilassante che sembra dire “Don’t think twice. It’s all right”, proporre stili di vita sobri e salutari rischia di essere piuttosto inefficace. Perché?

“Alimentary Watson!” direbbe un moderno Sherlock Holmes alla ricerca di indizi per smascherare i colpevoli delle pandemie urbane. Per aggiungere poi: “Make the healthy way the easy way!” “Make the healthy way the amusing way!” Ovvero: “Rendi la scelta più sana, la scelta più facile e quella più divertente!” Non il viceversa!

Questi adagi, coniati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, indicano forse l’unica pista da seguire per rendere efficaci le campagne di prevenzione e le pratiche di promozione della salute presso chi oggi è ancora giovane e sano, ma rischia di esserlo ancora per poco! Gli stili di vita sedentari e passivi, nella socializzazione solipsistica delle pietanze instagrammate sui social network, sono i Moriarty della salute. Sono loro i responsabili delle pericolose malattie non trasmissibili contemporanee: dall’obesità all’ipercolesterolemia, dal diabete urbano all’ipertensione. Sono le malattie, che ci faranno passare gli anni di vita in più, che le conquiste della medicina e della farmacologia oggi ci rendono possibili, con assai meno salute e vitalità di quanto avremmo potuto, se non agiamo già da ADESSO per contrastarne l’insorgenza.

Ispirarsi agli adagi dell’OMS è l’unico modo per rendere questo obiettivo meno utopico e controbattere così alla celebre freddura di Woody Allen “Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più e in quella settimana pioverà a dirotto”. Perciò a Udine, che forse è uno dei luoghi più piovosi d’Italia, ci impegniamo da oltre vent’anni a far sì che condurre uno stile di vita sano non provochi rimpianti ai Woody friulani ma piuttosto rimorsi da coccodrillo a coloro che non li perseguono. Facciamo in modo che le scelte sane non siano dolorose e quella settimana di vita in più sia divertente e piena di soddisfazioni… e magari possa anche riservarci un long week-end.

Ma la partita a scacchi contro i diabolici Moriarty della pubblicità dei cattivi stili di vita è difficile e sottile.

Si devono piegare a proprio favore proprio quegli strumenti comunicativi con i quali vengono coniati gli aforismi consumistici più accattivanti e ingannevoli.

E, quindi, vai… con progetti divertenti che rinforzino i messaggi di salute in contesti attraenti e abilitanti: Pedibus, Tavolo a Pedali, Contratto della Merenda, Piramide della Salute, Camminamenti, Noallasolit’Udine, LucidaMente, RIUSA, Cinema e Salute, Gioco e Salute, Orti Urbani, Energia in gioco, Giornata del Pi Greco, Far sport oltre la crisi, Casper, A spasso con Quasar, Mindfuln[str]ess, e naturalmente… Alimentare Watson!

Queste sono iniziative organizzate, promosse o favorite dal Comune di Udine e rivolte a tutte le fasce di età che mirano a stimolare la consapevolezza e promuovere abitudini più salutari, quali l’attività fisica, la sana alimentazione, il contrasto delle demenze, il consumo responsabile e la riduzione degli sprechi, il risparmio energetico, l’inclusione sociale, la prevenzione delle dipendenze e della solitudine.

E vai… con slogan e giochi di parole quali “Più vita agli anni non più anni di vita!”, “Non si smette di giocare perché si invecchia ma si invecchia perché si smette di giocare”, “Da ogni punto della città c’è del verde a 500 passi”, “10.000 passi al giorno”, “What is good for older people is good for all people” ”Ciò che oggi è bene per gli anziani, lo sarà per tutti un domani”, “Do not leave anyone behind!”, “Non lasciare indietro nessuno!”.

E vai… con la visione strategica della salute-in-tutte-le-politiche e con la diplomazia-per-la-salute così da permettere lo sviluppo integrato di mobilità sostenibile, viabilità pedonale e pianificazione urbana per creare ambienti vivibili e accessibili e comunità sostenibili e resilienti.

I fattori umani sono una risorsa ancora misteriosa per i partigiani della salute, che spesso rischiano di passare da fanatici ideologici ed eterni incompresi. Le mode, le norme sociali, le abitudini e i comportamenti devono essere curvati per favorire la salute di tutti tenendo conto che gli esseri umani sono spesso l’opposto di come vengono rappresentati nei modelli economici: non ragionano sempre in modo razionale e indipendente e sono molto più spesso altruisti che egoisti!

Hanno bisogno di nudges, di piccoli rinforzi positivi e suggerimenti quotidiani che possano motivarne le decisioni, orientarne i comportamenti e accrescerne la consapevolezza.

Ecco alcuni principi per aprire gli occhi sulla via della salute! 

Quando si parla di salute, come ricorda sempre l’OMS, non bisogna pensare solamente all’assenza di malattia, ma piuttosto al benessere. Ma non solo a quello fisico, anche al benessere mentale, emotivo e sociale, cioè relazionale.

Si promuove salute e si fa prevenzione molto semplicemente anche quando si creano momenti di socializzazione autentica per contrastare l’isolamento della solitudine urbana.

Si promuove salute anche attraverso le politiche di sostenibilità ambientale, perché salute e sostenibilità sono due facce della stessa medaglia. Il nostro corpo è infatti un ambiente naturale, quello a noi più vicino, fatto di 30 mila miliardi (un 3 seguito da 13 zeri!) di cellule organizzate in organi e sistemi. Un corpo nel quale vivono quasi altrettanti microorganismi, con ampie variabilità (in caso di infezioni o dopo la defecazione,… oops… pardon!). E l’ambiente naturale nel quale viviamo come individui è strutturalmente simile e va concepito dunque come null’altro che un’estensione del nostro corpo! Non a caso i guru dell’epidemiologia da anni parlano dei determinanti di salute distali, come ad esempio l’ambiente di vita e di lavoro, l’abitazione, le relazioni sociali, le opportunità educative e sportive ecc. come quelli su cui si può agire più efficacemente (sia politicamente che individualmente) per accrescere il benessere. Questi determinanti sono più importanti quindi di quelli genetici e congeniti, che sono chiamati determinanti prossimali, sui quali poco si può fare perché fattori di vita immodificabili.

Si promuove salute davvero, solamente se non si perde mai di vista

l’equità e l’inclusione poiché non ci può essere salute se questa non è di tutti, e per tutti. 

E non parliamo ovviamente solo delle malattie infettive (sarebbe piuttosto banale), ma anche e soprattutto di quelle non trasmissibili, che oggi abbiamo scoperto essere fortemente correlate anche al livello di istruzione, allo status sociale ed economico.

Tutti prima o poi nella vita, per lunghi o brevi periodi, si ritrovano a vivere una situazione di fragilità direttamente oppure attraverso i propri cari. Non si può quindi rimanere indifferenti quando questa situazione è riservata ad altri, altrimenti è difficile sfuggire al destino drammaticamente colto dalla famosa poesia “Quando sono venuti a prendere gli zingari…”. Anzi, proprio le persone più fragili sono le migliori sentinelle della qualità, del costruito e dei servizi.

Va operata una vera e propria rivoluzione copernicana nella progettazione urbana. Non è la persone disabile a non essere adatta all’ambiente, ma spesso è l’opposto. È l’ambiente mal progettato che ci rende disabili, tutti! Chi non usa lo scivolo per superare i gradini, quando ha il trolley? Se i segnali sono scritti troppo in piccolo siamo tutti ipovedenti?  Un muro che ci difenda da chi non ha la nostra stessa salute fisica o economica è un’illusione! Per quanto alto e lungo possa essere, non potrà che portare angoscia sempre e comunque, sia a chi si ritrova tra i più deboli, sia a chi si ritrova dall’altra parte, tra i privilegiati. “Do not leave anyone behind”, ovvero “Non lasciare nessuno indietro” è il motto recentemente coniato dall’OMS che sintetizza quanto detto sopra.

Si promuove salute anche quando si prendono in considerazione i mutamenti climatici e l’incremento dei fenomeni estremi, rafforzando la capacità di resilienza di una comunità. La resilienza è la capacità di riuscire a compensare e recuperare l’equilibrio dopo una crisi, una perdita o un evento traumatico. Sono pratiche di salute, ma anche di resilienza, quindi i corsi di ginnastica dolce per anziani svolti nelle palestre comunali, per migliorare l’equilibrio e ridurre le cadute; i corsi di yoga della risata e di mindfulness per contrastare lo stress e l’ansia, organizzati nelle sale circoscrizionali; ma anche gli incentivi economici alle famiglie in difficoltà per far sì che possano garantire un regolare esercizio fisico ai propri figli (Far sport oltre la crisi); ma anche le politiche e i piani di azione locale per l’efficientamento energetico, e la sicurezza ambientale ecc. A chi nega i mutamenti climatici a Udine rivolgiamo l’invito ad alzare lo sguardo verso nord-est; da Udine si vede ergersi il massiccio del Canin, uno dei luoghi emblematici dell’immaginario nazionale per le carneficine nella Prima Guerra Mondiale. Fino a qualche decennio fa lassù c’era un ghiacciaio e ci si poteva sciare d’estate, oggi questo ghiacciaio semplicemente non c’è più! È uno degli effetti di quei mutamenti climatici che provocano anche con sempre maggior frequenza eventi meteo estremi e danni quali cantine allagate, alberi secolari abbattuti, ondate di calore e gelicidi.

L’obiettivo è quello di costruire comunità sane, sicure, sostenibili, inclusive, resilienti e partecipative ma per raggiungere uno qualsiasi di questi obiettivi si devono raggiungere anche tutti gli altri con un approccio olistico!!! Forse diventare resilienti significa adattarsi come camaleonti e riscattare i gattopardi?

In chiave di strategia integrata alla salute mi sembrano emblematici tre progetti, il pedibus, gli orti urbani e Alimentare Watson. In tutte e tre le iniziative, attività fisica, resilienza, sostenibilità ambientale e tutti gli altri principi di salute sopra esposti si integrano, dinamicamente così da rafforzarsi l’un l’altro, nel rispetto delle specificità e diversità.

Ciò è importante perché nel progettare pratiche di benessere è cruciale analizzare il contesto di partenza e creare punti di ingresso multipli, i cosiddetti multiple entry-points, che permettano di portare a bordo più persone possibili tenendo conto dei loro bisogni e peculiarità.

Il pedibus è semplicissimo nel suo svolgimento, ma produce una serie di effetti benefici incredibili. Andare a scuola a piedi permette di decongestionare il traffico, praticare attività fisica, arrivare a scuola svegli facendo venire appetito sia per l’ora della merenda (sana), che per il pranzo in mensa, così da evitare sprechi di cibo. Contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 (offrendo spunti educativi divertenti e concreti come calcolare quanti alberi ci sarebbero voluti per ottenere lo stesso effetto), a familiarizzare con nuovi compagni lungo la strada e a rendersi conto di come è ricca e complessa la città in tutti i suoi quartieri.

Chi accompagna i bambini sono persone forse a noi diverse ma amiche, magari parlano un’altra lingua, hanno un colore della pelle o lineamenti diversi, hanno un’età diversa.

Tutto ciò diventa qualcosa che arricchisce l’esperienza di andare a scuola che altrimenti sarebbe oltremodo noiosa, seduti in macchina, fissando la monotonia del sedile davanti al suono lontano delle raccomandazioni dei genitori. Andando a piedi si impara anche il codice della strada, per non correre rischi. Inoltre in un’epoca nella quale, forse per la prima volta nella storia dell’umanità, sono contemporaneamente in vita 4 e alle volte anche 5 generazioni, creare occasioni autenticamente intergenerazionali è molto importante. Partecipare al pedibus diventa per i nonni vigile un modo per dare nuovi significati e stimoli ad una fase della vita dove si può fare ancora molto se non si rimane isolati e soli. E l’inclusione multiculturale che vede mamme di origine slava o balcanica lasciare i propri figli con fiducia alle mamme italiane o subsahariane, o il viceversa, superando ogni pregiudizio, è il miracolo di integrazione che un pedibus può regalare. Infine, per chi deve progettare la città, i gruppi del pedibus composti da bambini e anziani diventano i focus group ideali per co-progettare la riqualificazione e la messa in sicurezza dei percorsi pedonali casa-scuola. Da oltre dieci anni ormai i gruppi del pedibus a Udine hanno voce in capitolo di lavori pubblici, così come il Consiglio Comunale dei Ragazzi.

Gli orti urbani, dal canto loro, permettono il coinvolgimento di tutta la comunità, dai bambini nelle scuole, agli anziani dei quartieri, dai ragazzi disabili, alle associazioni di volontariato, nella produzione di alimenti sani e nella promozione di un’agricoltura sostenibile. Sono uno strumento per il recupero di relitti urbani, e promuovere la coesione sociale, l’attività fisica, il recupero dei ritmi della natura. Gli orti urbani sono uno strumento ideale per uno stile di vita più consapevole, ispirato dal capovolgimento etico di Alexander Langer: lentius, suavius, profundius, ben diverso dallo spregiudicato citius, altius, fortius dell’homo homini lupus liberista. È più lento perché deve essere attento il lavoro di chi fa crescere le zucchine (come L’orto di Michelle Obama insegna), più profondo perché così devono crescere le loro radici, perché più dolce sia il loro sapore. Le zucchine sono più ricche non grazie ai fitofarmaci, ma perché coltivarle ha ridotto la nostra distanza anche mentale dalle origini della nostra civiltà e dalla natura.

A ciò si accompagnano i mercati di quartiere a km 0, l’educazione al gusto attraverso le fattorie didattiche, i laboratori alimentari nelle scuole, che vogliono avvicinare i bambini ai gusti semplici e naturali e contrastare il consumo di quelle porzioni salate e fritte e condite di cui parlavamo inizialmente.

Infine, Alimentare Watson, è stato il primo Festival dedicato ai bambini tra i 6 e 10 anni e al cibo e alla prima edizione, andata in scena ad aprile scorso ed anticipata da un Concorso rivolto alle classi primarie, hanno partecipato più di un migliaio di bambini, coinvolti in oltre 30 laboratori e appuntamenti – articolati tra le piazze e librerie della città – tutti dedicati all’alimentazione, intesa come cibo, sostenibilità e rispetto per l’ambiente.

Durante il weekend, i bambini hanno avuto la possibilità di scoprire il mondo del cibo attraverso un viaggio straordinario, fatto di esplorazioni, gusti, manipolazione: sono stati sfornati biscotti, preparati gnocchi, assaggiate marmellate, il miele e fiori selvatici; i bambini hanno toccato con mano il formaggio appena fatto, viaggiato tra i continenti, accompagnati da Colombo e Magellano; sono stati “sparati” nello spazio e, con un viaggio temporale insolito, sono atterrati all’epoca dei romani, per scoprire cosa mangiano gli astronauti, ma anche quali erano le abitudini alimentari degli antichi. E poi tante storie e tradizioni, raccontate da scrittori per l’infanzia e tante informazioni “scientifiche” per grandi e piccoli, con gli incontri, dedicati a genitori e figli, con pediatri, nutrizionisti, tecnologi alimentari. Un’esperienza straordinaria – promossa dall’omonima Associazione di promozione sociale, Alimentare, Watson! – per far divertire i bambini, ma al contempo per fare informazione di qualità e creare consapevolezza rispetto al significato e valore del cibo, ma anche alle corrette abitudini.

Un’esperienza importante anche perché ha dimostrato come la collaborazione tra l’amministrazione pubblica e il mondo dell’associazionismo e dei professionisti sia un tassello fondamentale per rendere viva la città e avvicinare la popolazione ai temi del benessere.

La riuscita di ogni iniziativa di promozione di salute è basata sulla disponibilità di ascolto e di attenzione dell’altro. I cittadini devono ascoltare l’amministrazione e viceversa l’amministrazione deve ascoltare i cittadini.

Ma è davvero tutto così semplice: quanti sono gli attori di questo processo? Quanti di questi si riescono a portare a bordo? L’efficacia di ogni azione è subordinata alla partecipazione di tutti gli interessati!  Ma come scovarli? La risposta sta proprio in quell’ Alimentary Watson. Occorre attrarre i cittadini attraverso messaggi positivi e stimolanti, favorirne l’accoglienza quando si avvicinano con diffidenza, rispondere per quanto è possibile ai loro bisogni per migliorarne la qualità della vita. Negoziando, mediando, catalizzando, facilitando la coesione e il confronto, cedendo un po’ di sovranità organizzativa, coinvolgendo tutti i possibili portatori di interesse.

È qui che un tipo di diplomazia della salute entra in gioco. Si parla di tripla elica, quando si coinvolgono anche i settori non profit, for profit e quelli della ricerca.

La Notte dei Libri Viventi, Alimentare Watson, la Settimana dell’Energia, la Giornata del Pi Greco sono esempi di iniziative che nascono da questo approccio integrato. Non sono né top-down, calate dall’alto, né bottom-up, esclusivamente create dal basso, ma esprimono quell’idea di middle-out dove ogni componente svolge la sua parte verso un obiettivo comune.

In questi contesti il gioco può essere uno strumento insostituibile di condivisione, inclusione sociale, integrazione, appartenenza, confronto, rispetto. Il gioco, quando è fine a se stesso in quanto non ha secondi fini, può invece dare frutti straordinari nella promozione della salute poiché, coinvolgendo tutte le sfere di una persona (fisica, cognitiva e sociale) favorisce la compensazione delle fragilità, creando luoghi da abitare socialmente, superando tutti le barriere naturali o i muri artificiali, compresi quelli della demenza, sostituendoli con ponti fra persone, generazioni e comunità.

Alla fine della nostra indagine sulla promozione della salute fisica mentale e sociale, riportiamo in modo sintetico l’elenco delle principali azioni e strategie di salute a livello locale svolte a Udine dal 2007 ad oggi e quello delle principali azioni e strategie di salute a livello internazionale alle quali aderisce la città di Udine.

Sperando che, al di là del gioco di parole, Sherlock Holmes possa davvero ispirarci nell’evitare le false piste, a lui l’ultima raccomandazione sui nostri stili: “non c’è nulla di più ingannevole di un fatto ovvio!