Sir Ronald Cohen, presidente di The Global Steering Group for Impact Investment, a maggio dello scorso anno scriveva al Presidente del Consiglio Mario Draghi, quale Presidente del G20, dicendo “non troveremo risposte alle grandi sfide sociali e ambientali che ci attendono replicando vecchi schemi finanziari. Grazie alla sua
profonda conoscenza dei sistemi economici, lei ha l’opportunità di aprire una nuova strada verso l’utilizzo di strumenti più potenti ed efficaci. Una profonda trasformazione sta attraversando le imprese e le organizzazioni finanziarie di tutto il mondo, che stanno ridefinendo il loro rapporto con gli investimenti e il profitto. È la rivoluzione dell’impact investment, un approccio alla finanza con cui politici,
imprenditori, manager e investitori cercano di trovare soluzioni a problemi complessi e migliorare la vita delle persone. Questo enorme cambiamento ha fatto sì che, già oggi,

oltre quarantamila miliardi di dollari all’anno vengano investiti alla ricerca di qualcosa di più del semplice profitto, attraverso strumenti che rispondono a criteri Esg (Environmental, Social and Governance).” Ronald Cohen illustra un processo economico produttivo che non si basa sulla mera necessità del profitto a tutti i costi, bensì in grado di generare benessere per le persone, migliorandone la qualità di vita.
Ronald Cohen è un imprenditore e filantropo inglese, considerato il padre della teoria degli investimenti a impatto sociale, che recentemente ha ripreso il concetto, espresso nel suo libro Impact – best seller tradotto in dieci lingue, commentando l’intervento del Presidente Mattarella tenuto in occasione dell’insediamento alla Camera dei Deputati.
Il Capo dello Stato ha ricordato con veemenza al Parlamento che non vi può essere un futuro migliore se non si combattono le disuguaglianze.

Ronald Cohen ci fa riflettere sul fatto che la parola disuguaglianza ancora necessita di profonda comprensione da parte del mondo politico, economico e sociale, perché se, da un lato, oggi il tema del cambiamento climatico è una priorità riconosciuta, non altrettanto lo sono, dall’altro, le profonde disuguaglianze di ordine economico, territoriale, culturale e di genere.

Certamente la COVID-19 ha evidenziato profonde disuguaglianze, a livello globale, in tema di sanità e salute degli individui. Quando il Presidente Mattarella ricorda ai Parlamentari “le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita, ma una zavorra a qualsiasi prospettiva di crescita…” mi piace pensare, e sono certo che sia così, che qualsiasi prospettiva di crescita presupponga al primo posto la salute dei cittadini.

Le vulnerabilità socio-economiche e culturali che, come ricercatori, notiamo tra quartieri ad alto reddito e livello di istruzione e quartieri periferici più degradati ci mostrano una dimensione di disuguaglianza che si riflette sulla quantità e sulla qualità della vita delle persone. Se oggi, all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si torna a parlare di medicina di prossimità e territorio è perché queste disuguaglianze sono ormai evidenti in una popolazione che invecchia, si cronicizza e si fragilizza e che, se non avrà strutture di riferimento atte alla prevenzione e alla presa in carico della persona e del paziente, si troverà a vivere una condizione di disuguaglianza inaccettabile.

La lotta alle disuguaglianze non può essere un mero esercizio dialettico e di buoni propositi, ma, come ricorda Ronald Cohen, oggi anche le imprese sono chiamate a gestire e far parte di questa rivoluzione. Ci sono quaranta triliardi di dollari nel mondo che gli investitori stanno indirizzando verso imprese con una buona capacità di avere impatto sociale e ambientale e lo stesso Impact Investing, in senso stretto, vale più di due triliardi.

Un modello di cambiamento sociale ed economico che deve dare risposte ai cittadini ed eliminare le disuguaglianze in atto