Vice Presidente Vicario ANCI – Roberto Pella

A cura di Chiara Spinato

A maggio di quest’anno il Comitato delle Regioni dell’Ue in Plenaria a Bruxelles ha approvato, a larga maggioranza, un’iniziativa di parere a sua firma per richiamare l’attenzione della Commissione Europea, del Parlamento e degli organismi internazionali sul tema della Salute nelle Città. Quali sono i principali cardini e l’importanza della proposta promossa dalla Delegazione Italiana del Comitato delle Regioni presso l’UE.

A seguito della pubblicazione, nel luglio 2016 in occasione del I Urban Health Forum di Roma, del Manifesto “La salute nella città: bene comune”, si è pensato di dare vita a un’iniziativa a livello europeo presso il Comitato delle Regioni, di cui faccio parte come membro della Delegazione italiana presieduta da Enzo Bianco Presidente del Consiglio Nazionale ANCI e Sindaco di Catania, per richiamare l’attenzione della Commissione Europea e degli organismi internazionali sul tema, alla luce dei dati statistici e tassonomici riguardanti la popolazione delle città.

Nel 2010, per la prima volta nella storia, è stato infatti osservato che più di metà della popolazione mondiale risiedeva in città e che nel 2050 la stima della popolazione urbana attestava il dato al 70%. Anche in Italia oggi il 37% della popolazione vive nelle 14 città metropolitane. Inoltre, sulla base dei dati riguardanti la tassonomia della popolazione, che evidenzia la tendenza a un incremento delle classi di età più anziane, in linea con l’aumento della aspettativa di vita, ci è parso di fondamentale rilevanza, e urgenza, accendere il dibattito politico europeo, che molta parte ha nella determinazione e nell’orientamento delle politiche pubbliche, sull’analisi dei contesti sociali e ambientali, dei bisogni emergenti, degli stili di vita e delle aspettative dell’individuo.

L’invecchiamento della popolazione, e la conseguente cronicizzazione delle patologie, che genera la parte più consistente dei costi dei sistemi di protezione sanitaria, pongono, infatti, il problema della sempre più complessa sostenibilità dei sistemi di welfare e sanitari. Allo stesso tempo all’interno della tendenza all’inurbazione, lo stesso fenomeno migratorio rappresenta un fattore di stress dei servizi sociali e sanitari laddove il mantenimento di reti istituzionali e solidali deve allungarsi nel territorio contermine alla città, in maniera da contenere le diseguaglianze ed essere in grado di rispondere alla crescente domanda di salute e benessere.

Pertanto, dopo aver ottenuto l’inserimento della proposta all’interno del calendario dei lavori, il 2 febbraio la Commissione NAT (Risorse Naturali) si é confrontata su un primo documento di lavoro che, a seguito di specifici bilaterali con differenti stakeholder, si é sviluppato nella proposta di Parere d’Iniziativa vero e proprio, in votazione il 30 marzo all’interno della Commissione NAT stessa, e lo scorso 11 maggio, ad ampissima maggioranza, durante la sessione plenaria del Comitato delle Regioni. I contenuti proposti dal Parere sono stati articolati in seno ai seguenti ambiti d’intervento politico prioritario: progettazione urbana; mobilità sostenibile e trasporto pubblico urbano; ambiente e alimentazione sana; sport, attività fisica e istruzione; governance. Il Parere si é proposto di indagare e affrontare un tema di massima attenzione in tutte le agende, non solo europee, delle organizzazioni nazionali, regionali, locali e ha rappresentato un’opportunità per l’Italia, membro fondatore dell’UE, di sottoporre per la prima volta su propria iniziativa attraverso la Delegazione presso il Comitato delle Regioni, alla Commissione Europea e al Parlamento una serie di istanze la cui risposta per i cittadini europei potrà derivare solo un approccio condiviso e univoco alle questioni emergenti della salute nella città.

Come anticipato, si stima che nei prossimi decenni la popolazione urbana rappresenterà il 70% della popolazione globale.

In Italia il 37% della popolazione risiede nelle 14 Città Metropolitane e il tema della salute sta diventando una priorità di azione amministrativa da parte dei Sindaci. Come ANCI e i Sindaci Italiani pensano di affrontare questa tematica.

Il termine “Health City”, così come coniato dall’OMS, presuppone l’idea di una comunità conscia dell’importanza della salute come bene collettivo, capace di stimolare e porre in essere politiche chiare per tutelare e migliorare la rete di relazioni tra cittadini e istituzioni, e di una città capace altresì di attribuirsi inedite e innovative destinazioni d’uso che sviluppino una politica di welfare generativo e partecipativo sostituendo forme assistenziali di welfare. La consapevolezza del significato e delle implicazioni del concetto di salute, che non si riferisce meramente alla sopravvivenza fisica o all’assenza di malattia, ma comprende gli aspetti psicologici, le condizioni ambientali e climatiche, la vita lavorativa, economica, sociale e culturale, è il primo elemento imprescindibile su cui l’ANCI, come associazione nazionale dei Comuni, si sta fortemente impegnando attraverso, tra le altre iniziative: l’istituzione della delega della Salute, accanto a quella esistente del Welfare, la costituzione di un Gruppo di Lavoro ‘Urban Health’ composto da amministratori ed esperti sul tema, nuove forme di collaborazione e confronto su orizzonti ampi, europei, appunto, come quello con la città di Copenhagen e la Danimarca stessa.

L’opportunità di attribuire un valore aggiunto alla dimensione locale per il coordinamento dei bisogni espressi dalla città che, ponendo in discussione stili di vita e aspettative individuali, costruisca una gamma di fattori condivisa, concorrenti alla definizione e alla declinazione delle politiche pubbliche, rappresenta oggi per i Sindaci un’importante sfida, insieme alla sicurezza e alla politica occupazionale. Le Amministrazioni locali e regionali potranno proporsi come garanti di una rete di equità, divenendo ideatrici di un nuovo paradigma di governance collaborativa multilivello dove istituzioni, imprese, organizzazioni della società civile e cittadini possano contribuire alla progettazione di un assetto urbano condiviso e armonico.

Oggi posso quindi affermare che, anche grazie al dialogo e all’intenso lavoro dei tavoli di confronti avviati con il Parere adottato, insieme alle Direzioni Generali della Commissione Europea, l’OMS in Europa, altre organizzazioni governative e non, intendiamo in misura crescente, e consapevoli dell’efficacia della nostra azione, rispondere ai bisogni espressi e incidere sul benessere e sullo stile di vita dei nostri cittadini attraverso opportunità di partenariato e progetti pilota con i Comuni italiani ed europei che già adottano tale visione e hanno messo a sistema delle buone pratiche.

L’organizzazione della città e, più in generale, dei contesti sociali e ambientali, è in grado di condizionare e modificare i bisogni emergenti, gli stili di vita e le aspettative dell’individuo, fattori che dovrebbero, dunque, essere considerati nella definizione ed orientamento delle politiche pubbliche.

Cosa bisogna fare concretamente a livello politico per promuove salute nelle città italiane.

Come dicevamo, oltre a un grande lavoro di consapevolezza presso i Sindaci e le comunità del territorio, bisognerà impegnarsi fortemente perché si sviluppino in misura ancora più consistente le esistenti reti di collaborazione fra Città – penso, ad esempio, alla Rete delle Città Sane dell’OMS o a nascenti network europei anche in ambiti contingenti come il trasporto pubblico, la cultura e lo sport, la pianificazione urbana, e altri ancora – affinché i fondi a disposizione e le future linee di finanziamento su cui plasmare le prossime programmazioni europee siano sfruttati appieno e secondo una prospettiva di medio-lungo periodo.

Sicuramente un altro importante momento sarà rappresentato dalla presenza del tema della Salute all’ordine del giorno delle discussioni del prossimo G7 di novembre che si terrà a Milano, a testimonianza della volontà politica globale di esprimersi su un tema di opportunità ed equità in un progetto di lungo periodo. Nell’idea quindi della salute come valore, pur complesso, in una città, ciascun decisore potrà ricoprire un ruolo determinante e dotarsi di strumenti fattivi per rispondere alle sfide poste dalla città.

Lo sport e in generale la promozione dell’attività fisica e motoria da parte delle amministrazioni comunali, rientra tra i punti qualificati dell’iniziativa promossa dalla Delegazione Italiana del Comitato delle Regioni dell’UE. Quali iniziative possono essere attivate per consentire ai cittadini di poter migliorare i propri stili di vita attraverso la pratica sportiva. 

Il Parere europeo invita espressamente la Commissione a rafforzare il ruolo dei Comuni e delle Regioni attribuendo loro uno spessore culturale derivante dall’intraprendere politiche migliori in tema di attività fisica (propriamente dette HEPA)  che permettano di incentivare la cultura dello sport, comprendente la regolare attività sportiva e l’esercizio fisico, come uno dei metodi più efficaci per mantenere in forma il fisico e la mente, e di rispondere ai recenti inviti del Consiglio e del Parlamento di adottare iniziative per promuovere stili di vita sani, così come definiti dall’OMS. IL programma Erasmus+Sport o la Settimana Europea dello Sport, così come i neonati Corpi Europei della Solidarietà, sono best practice sui cui l’UE deve insistere e incardinare le future progettazioni per promuovere la formazione e la capacity building on health nei Paesi membri, riducendo la prevalenza di comportamenti a rischio per la salute dei giovani e avviando campagne di informazione per orientare le scelte alimentari e di vita dei Cittadini.

Ambiente e alimentazione sani sono, inoltre, aspetti correlati per ridurre i rischi legati allo sviluppo di malattie fisiche, in particolare quelle non trasmissibili come obesità e diabete, e di malattie mentali che si sviluppano in maniera preponderante nei contesti urbani. Emerge certamente con chiarezza che il principale terreno su cui intervenire sia rappresentato dall’ambiente scolastico, all’interno del quale si possono adottare comportamenti virtuosi come il recarsi a scuola a piedi o in bici, il qualificare le ore di attività fisica attraverso la presenza di istruttori adeguatamente formati e strutture sportive attrezzate, il prevedere forme di incentivazione e pianificazione delle attività che non si scontrino con le esigenze, talvolta anche economiche, delle famiglie… e molto altro.

Tuttavia, anche in ordine al livello della pianificazione urbanistica e della gestione della città, é importante non tanto e non solo edificare nuove infrastrutture sportive bensì ampliare e migliorare l’accesso alle pratiche sportive e motorie per tutti i cittadini, per tutte le fasce d’età e per ogni livello di abilità, presso spazi verdi pubblici come i parchi attrezzati secondo una logica “di quartiere”, favorendo lo sviluppo psico-fisico dei giovani e l’invecchiamento attivo nelle città e prevenendo i rischi connessi alla sedentarietà, per uno “sport di cittadinanza”, a impatto e costo quasi pari a zero.

Le sfide sono anche legate a invecchiamento e aumento delle malattie croniche e voi avete voluto affrontare questi aspetti che possono rappresentare per molte città e per i sistemi sanitari una sfida da affrontare immediatamente.

Questo é senz’altro corretto, e sta infatti alla base della nostra proposta di ideare e strutturare un nuovo modello di welfare partecipativo e generativo, alla luce del quadro che é stato descritto e più volte richiamato in questa conversazione.

Rafforzare la capacità delle istituzioni coinvolte nel coordinamento e nella gestione dei servizi sociali e sanitari all’interno di un dato territorio (non solo Aziende Sanitarie e Comuni, ma cittadini, organizzazioni pubbliche e private) per supportare l’invecchiamento sano e in salute e la presa in carico dei soggetti deboli nel proprio territorio significa promuovere, grazie anche a un uso sapiente delle tecnologie digitali, la creazione di comunità solidali, sensibili ai bisogni dei soggetti più deboli – spesso anziani, che si fanno carico delle fragilità presenti al proprio interno e creano le condizioni e i servizi per gestirle e farvi fronte.

Il ricorso alle tecnologie digitali, in questo caso, é quindi funzionale alla possibilità di abilitare e supportare l’interconnessione tra i diversi nodi al fine di creare una vera e propria rete di protezione e cura intorno ai soggetti più deboli.

Soggetti “sentinella” in grado di svolgere proattivamente la funzione di intercettare, segnalare i bisogni presenti sul territorio ed eventualmente, nel caso di bisogni a bassa complessità, individuare direttamente e provocare l’attivazione degli interventi più appropriati; erogatori di servizi di assistenza, anch’essi costituiti da attori eterogenei afferenti al sistema pubblico, a quello privato e del volontariato oltre che dagli stessi cittadini, disposti a fornire un’ampia gamma di servizi di carattere sociale e sanitario a disposizione dei più deboli; infine le strutture di cura e coordinamento, che si occupano dei bisogni manifestati e non direttamente soddisfatti, individuando gli interventi e le modalità realizzative grazie ad una ricognizione dell’offerta disponibile sul territorio. Questi ruoli, insieme al policy maker, potranno contribuire a determinare nuove modalità di accesso al fine di gestire la cronicità sul territorio creando una nuova relazione con gli ospedali e i centri di cura basata sulla sola risoluzione delle acuzie nonché costruire con la propria azione una diffusione di stili di vita sani sulla cura delle NCDs e delle malattie mentali così diffuse nelle città che richiedono un livello di assistenza di minore intensità.

La città può offrire grandi opportunità d’integrazione tra servizi sanitari, servizi sociali, servizi culturali e ricreativi. Il futuro della sostenibilità dei sistemi sanitari nel mondo non può, però, prescindere dallo studio dei determinati della salute nelle grandi città. Uno dei temi della proposta presentata a livello europeo riguarda la governance, suggerendo una forte alleanza tra Comuni, Università, Aziende sanitarie, Centri di ricerca, industria, professionisti e associazioni di volontariato per studiare e monitorare, a livello urbano, i determinanti della salute dei cittadini, in maniera da dare vita ad una governance multilivello più efficace e reattiva per migliorare la politica regionale e di coesione. Come le amministrazioni comunali possono promuovere questa integrazione tra i diversi attori del sistema.

“Salute nelle città” si propone di esaminare, insieme con la Commissione europea, i mezzi concreti per estendere le reti di città già esistenti come il Patto dei Sindaci, a campi d’applicazione fondamentali per l’iniziativa faro “Un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse”, per una nuova leadership di decisori regionali e locali che avvicini e valorizzi i territori, organizzando i bisogni che esprimono e assicurandone la coerenza a livello locale, nazionale, regionale e internazionale, rendendo ciascun territorio protagonista del fattore di conversione tra offerta e fruizione del servizio.

Potrebbe essere di notevole impatto, pur se complesso, considerare l’idea di escludere dal Patto di Stabilità le spese di investimento effettuate per promuovere e implementare stili di vita sani, alla luce dello studio costi/benefici e risparmi sui futuri costi sanitari. D’altro canto, però, chiara deve essere la consapevolezza di come sia responsabilità di tutti i livelli di governo, e dei Cittadini stessi, dare un contributo importante a ridurre l’impatto delle malattie trasmissibili, promuovendo e incentivando i piani di vaccinazione, la profilassi e i corretti stili di vita e studiando i contesti urbani più idonei ad avvicinare il cittadino nello svolgimento delle sue attività quotidiane (luoghi di cura, luoghi di lavoro, luoghi ricreativi, strutture sportive, luoghi virtuali come siti internet di riferimento delle amministra- zioni stesse) in cui veicolare messaggi chiave per la prevenzione. Con estremo favore il testo del Parere suggerisce, inoltre, la possibilità d’individuare una figura, l’Health City Manager, all’interno di un tavolo di lavoro permanente ove Commissione Europea, Membri del CdR, OMS, Autorità sanitarie competenti insieme ad altri soggetti esperti e organismi competenti coordinino, propongano e stimolino lo sviluppo di idee e linee d’indirizzo europee ad ampio spettro.

Tutte queste forme avranno bisogno di essere re-ingegnerizzate superando il principio del rule of thumb delle funzioni di origine keynesiana, cioè le politiche di consumo pari a una quota proporzionale del reddito corrente, ed essere inserite in una logica di altro tipo, che deriva dall’obiettivo che persone e istituzioni perseguono, di stabilizzare il consumo lungo l’arco della vita attraverso una armonizzazione equa delle opportunità.