“Pianificare lo sviluppo di un quartiere verde, in cui l’innovazione si realizza secondo un approccio aperto e inclusivo”
Carlo Ratti La Città del domani

A cura di Alessio Pappagallo

L’area di Expo Milano 2015 sarà ufficialmente il nuovo Parco della Scienza, del Sapere e dell’Innovazione, e comprenderà le sedi dello Human Technopole e il Campus delle facoltà scientifiche dell’Università di Milano, oltre al primo quartiere al mondo progettato per veicoli che si guidano da soli.

Ad aggiudicarsi il progetto di trasformazione dell’area, la Carlo Ratti Associati (CRA) e il gruppo di real estate Lendlease che si sono aggiudicati il concorso internazionale dedicato lanciato nel gennaio scorso. Il progetto di Carlo Ratti, che si estende su un sito di oltre 1 milione di metri quadrati, è stato riconosciuto vincitore da Area Expo, la società a prevalente capitale pubblico proprietaria dell’area nella zona nord-ovest di Milano.
Un progetto che farà nascere a Milano un Centro che includerà uffici, centri di ricerca, facoltà universitarie, residenze, spazi culturali e aree per l’agricoltura urbana, puntando a stabilire nuovi standard per i processi di trasformazione urbana e pianificando lo sviluppo di un quartiere verde, in cui l’innovazione si realizza secondo un approccio aperto e inclusivo: gli edifici dell’area potranno ad esempio essere riconfigurati e cambiare la propria destinazione a seconda dei bisogni di chi li abita.

Architetto Ratti, rispetto ad altri quartieri di Milano, che cosa potrebbe spingere la popolazione a trasferirsi in questa nuova area?

Proprio il suo carattere di flessibilità. Per gran parte del Novecento i progettisti hanno imposto dall’alto la loro visione della società. Al contrario, questo progetto nasce dall’idea opposta: che oggi l’innovazione si possa fare soltanto in maniera partecipativa, usando le tecnologie digitali per partire dai bisogni degli abitanti e coinvolgerli nelle decisioni progettuali…

In termini di salute per i cittadini, quali gli oggettivi valori aggiunti che porterà questa zona?

Il progetto sperimenta con molte dimensioni della vita urbana: i nuovi modi di lavorare, di passare il tempo libero, di spostarsi. Non vogliamo però utilizzare la tecnologia come fine ma come mezzo per vivere meglio. Per questo avrà un ruolo importante il contatto con il verde e con la natura – variabili fondamentali per il nostro benessere e tuttavia spesso dimenticate da progettisti del Novecento…

La presenza di piante, è risaputo, aiuta il benessere psico-fisico della popolazione. Milano ahimè non è una città particolarmente verde, almeno a colpo d’occhio sono tante le zone ancora prive di aiuole e alberi. In che termini saranno presenti nel nuovo quartiere (che tipo di piante e perché) e quali saranno i reali costi di manutenzione?

Piante di tutti i tipi, per le quali ci siamo ispirati ai bellissimi giardini storici milanesi. Per i costi di manutenzione è ancora presto per una stima precisa, ma pensiamo al coinvolgimento della comunità dei residenti e degli utilizzatori.

Al di là di Milano, come vede riproponibile questo modello in altre città come Roma o Firenze?

Milano è da sempre tra le città d’Italia più votate all’innovazione. È un polo imprenditoriale, tecnologico, culturale: un luogo in cui negli ultimi anni si è imparato a fare sistema tra i vari attori del territorio, come dimostra bene il caso di Expo. Questi fattori, insieme alla forza del suo sistema universitario ne fanno un laboratorio ideale che potrà essere poi replicato in altre città. Roma, Firenze e Torino sono particolarmente adatte anche per la grande quantità di studenti che attraggono ogni anno – una forza lavoro fondamentale per ogni processo di innovazione.

Uno dei problemi delle grandi città italiane sono le periferie, non pensa che il quartiere in progetto possa trasformarsi in una ennesima zona per soli “ricchi”? Non crede che bisognerebbe andare ad agire subito su molte aree urbane degradate? Nel caso, in che termini?

Le periferie sono sicuramente un punto chiave su cui lavorare in Italia. Nel caso di Expo. la prossimità del sito a quartieri degradati ne fa un buon candidato per contribuire alla rigenerazione delle aree circostanti – in modo simile a quanto sta accadendo con Fondazione Prada.