L’obesità è causa di cellule “zombie” nel cervello
Ansia e neuro-invecchiamento precoce le conseguenze più gravi.
Oggi c’è una possibilità di cura!
I farmaci senolitici liberano i topi obesi dalle cellule “zombi” nel cervello e dall’ansia. Ora test sull’uomo Gli scienziati della Mayo Clinic hanno dimostrato nei topi che l’obesità aumenta il numero di cellule “zombi”, o cellule senescenti, nel cervello e che queste cellule, a loro volta, sono collegate all’ansia. Usando farmaci senolitici (anti-aging) per eliminare queste cellule, il comportamento ansioso dei topi si dissolve. E non solo l’ansia. Restano obesi ma felici. I risultati dello studio sono stati pubblicati il 3 gennaio 2019 su Cell Metabolism. Le cellule senescenti sono esattamente ciò che la parola “zombi” definisce, cioè cellule semi-dormienti che si insediano in una certa area del corpo e, così facendo, impediscono altre funzioni. Gli studi rivelano che queste cellule contribuiscono a vari aspetti dell’invecchiamento, precoce negli obesi, dall’osteoporosi al diabete, dalla decadenza cognitiva alla debolezza muscolare. In questo caso particolare, gli scienziati sapevano che l’obesità, sia negli uomini sia nei topi, era correlata a una maggiore ansia e ad altri problemi emotivi, ma non conoscevano i dettagli della relazione. Il gruppo di ricerca degli scienziati del Centro per l’invecchiamento Robert e Arlene Kogod della Mayo Clinic, insieme a quelli dell’Università di Newcastle e di altri centri di ricerca, sono riusciti a dimostrare che topi geneticamente modificati per l’obesità avevano più cellule grasse nella regione del cervello responsabile del controllo dell’ansia e avevano un grande aumento di cellule senescenti in quella stessa area.
Eliminando queste cellule, dette “zombi”, con farmaci senolitici, il comportamento ansioso si è dissolto, le cellule grasse sono scomparse nel cervello e si è riattivata la neurogenesi, cioè è ripresa la normale crescita dei neuroni. Questo nei topi usati come modello. Prima obiezione. Come si fa a sapere che un topo ha l’ansia? I ricercatori hanno usato diversi test scientificamente validati. Il topo ansioso tende ad evitare le aree aperte dell’ambiente e di solito si muove solo attraverso le pareti esterne o gli angoli dello spazio confinato in cui si trova. Inoltre, i topi ansiosi si comportano in modo diverso nei labirinti, con scarse prestazioni, dubbi e spesso non completano il test. Dopo aver rimosso le cellule “zombi”, i topi si sono comportati molto meglio, anche se erano ancora obesi.
Gli autori del lavoro scrivono che: “I nostri dati dimostrano un legame tra obesità, senescenza e comportamento ansioso, che fornisce il supporto fondamentale per la possibile fattibilità, dal momento che gli studi clinici convalidano questo metodo, di somministrare farmaci senolítici per il trattamento del comportamento ansioso correlato all’obesità”. Lo stesso filone di studio alla Majo Clinic ha già dimostrato il ruolo terapeutico dei senolitici nei meccanismi di osteoporosi. Ovviamente, occorrono ulteriori studi preclinici e determinare quale tipo di cellule senescenti sono causa dell’ansia e dell’invecchiamento precoce del cervello e definirne il meccanismo di azione in modo più ampio. Lo studio è stato finanziato da Cancer Research UK, una borsa di studio della Facoltà di Scienze Mediche dell’Università di Newcastle, Connor Group, National Institutes of Health, Advances in Gerontology Award, Glenn Foundation, Federazione americana per la ricerca sull’invecchiamento. E da Robert e Theresa Ryan, Ted Nash Long Life e Noaber Foundations, Minnesota Regenerative Medicine e Humour the Tumor.
Tra gli scienziati ci sono il primo autore, Mikolaj Ogrodnik, e gli autori esperti, Diana Jurk (già dell’Università di Newcastle e ora Mayo Clinic) e James Kirkland della Mayo Clinic. Il team ha incluso anche scienziati della Stony Brook University, dell’Istituto di fisica e tecnologia di Mosca, del Center for Health Sciences dell’Università del Texas e dell’Università del Vicino Oriente a Cipro. Sempre a Rochester, in precedenza, il team Mayo Clinic di James Kirkland aveva scoperto che l’iniezione di un piccolo numero di cellule senescenti in topi giovani e sani causa danni che possono provocare disfunzioni fisiche. Ma il trattamento di questi animali con una combinazione di dasatinib e quercetina (quelli poi definiti farmaci anti-aging o senolitici) poteva prevenire il danno cellulare, ritardare la disfunzione fisica e, se usato in topi che invecchiano naturalmente, prolungarne la durata della vita. Che cosa sono i senolitici? Al centro della ricerca di Kirkland c’erano proprio i senolitici, una classe di farmaci che eliminano selettivamente le cellule senescenti. Il dasatinib è usato per trattare alcune forme di leucemia; la quercetina è un flavonoide presente in alcuni tipi di frutta e verdura.
Nel corso dei loro esperimenti, il team ha iniettato in animali molto vecchi un mix di questi due composti, scoprendo che aumentava del 36% la vita media post trattamento rispetto agli esemplari di controllo. Insomma, i senolitici possono ridurre il rischio di morte nei topi anziani. È interessante notare che il team, oltre a dasatinib e quercetina, ha scoperto composti aggiuntivi che si comportano come farmaci senolitici. Uno di questi è la fisetina, un polifenolo correlato alla quercetina e comunemente presente nelle mele; un altro è la piperlongumina, un principio attivo del pepe nero. La quercetina, d’altronde, è possibile trovarla in tutti gli alimenti vegetali di colore scuro (dalle melanzane ai frutti di bosco al vino). In pratica, i ricercatori americani hanno scoperto che l’obesità fa invecchiare prima soprattutto il cervello, crea ansia e neuroni “zombi”. E che mangiando frutta e verdura colorata si previene l’invecchiamento e si allunga la vita in buona salute. Chi mangia mediterraneo già lo sapeva.