“Quando qualcuno ti dice che qualcosa non si può fare, ricorda che sta parlando delle sue limitazioni e non delle tue”

A cura di Mario Pappagallo

Ed è questo quello che sta accadendo nel mondo e in Italia da quando si parla, si studia e si progetta una salute, e una sanità, che vede nelle città, nelle metropoli, la chiave di volta del benessere psico-fisico dei suoi abitanti, sani e malati che siano.

E di una sanità sostenibile, qualunque sia il sistema (pubblico o privato) organizzativo e gestionale adottato. Le città, a loro volta, fanno rete e i sindaci tornano ad avere un ruolo centrale soprattutto nella cultura della prevenzione e della riabilitazione, nel raccogliere dati, nell’indicare punti deboli e interventi utili a chi gestisce i fondi. Le Regioni per l’Italia. Dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), dalle università, dagli istituti di ricerca nazionali e da quelli, pubblici o privati, specializzati in questo nuovo campo alle associazioni di cittadini, di pazienti, agli urbanisti, agli antropologi e ai sociologi, agli architetti e agli ingegneri, l’impegno verso l’obiettivo comune è via via crescente e attrae sempre più soci in progetti e idee. Fino all’informazione e alla divulgazione di questi temi che da qui ai prossimi decenni è auspicabile riescano a incidere come si aspettano OMS e ONU sul benessere psico-fisico degli abitanti del pianeta. Informazione e divulgazione che vede URBES magazine in prima linea in Italia.

Anche la politica italiana si sta accorgendo dell’importanza di questa strategia d’azione. Prima l’Associazione dei sindaci italiani (ANCI) che con impegni anche a livello internazionale si è fatta parte attiva di questo Rinascimento delle idee e delle strategie, per arrivare al Contratto di governo dei 5 Stelle con la Lega, partiti che si vantano di essere espressione di una democrazia diretta, che al punto 20, voce sanità, inseriva un interessante obiettivo programmatico. Quale? Eccolo: “… L’integrazione socio-sanitaria si realizza appieno quando è soddisfatto, in continuità, il bisogno di salute nella componente sanitaria e in quella di protezione sociale. L’integrazione socio-sanitaria comporta, anche in termini economici, il diverso coinvolgimento delle Regioni e dei Comuni, i cui strumenti di programmazione sono fondamentali per realizzare una co-progettazione efficace. Il ruolo dei Comuni invece non è mai stato valorizzato appieno nonostante la ratio sottesa del coinvolgimento sia proprio quella di soddisfare i bisogni di assistenza del territorio e dei cittadini che lo abitano. È necessario garantire adeguate risorse economiche e strutturali ai servizi sociosanitari territoriali di prossimità e domiciliari, proprio potenziando anche il ruolo dei Comuni, in una logica di trasversalità che da un lato si occupa dei bisogni del singolo e dall’altro delle esigenze della comunità locale. Nell’ottica di garantire un efficace e capillare sostegno ai servizi territoriali dovrebbe essere rivisto anche il ruolo dei medici di medicina generale… “.
In pratica, un nuovo ruolo dei Comuni e dei Sindaci così come URBES magazine cerca di promuovere fin dal primo numero.

Vale la pena ripeterlo, l’urbanizzazione è legata a una serie di problemi di salute; migliorare la salute delle persone nelle città deve essere preoccupazione centrale dei governi e delle istituzioni internazionali.
La crescita incessante delle popolazioni urbane sta spingendo le città e i governi nazionali ad aumentare l’accesso all’assistenza sanitaria, affrontando al contempo le cause alla radice della cattiva salute.
Secondo Oxford Economics, le più grandi 750 città del mondo ospiteranno 2,8 miliardi di persone entro il 2030 – più di un terzo della popolazione mondiale.Rappresenteranno quasi un terzo dei posti di lavoro nel mondo e più della metà della spesa dei consumatori.
Più di una dozzina di città avranno una popolazione superiore a 20 milioni.

L’urbanizzazione rapida e incontrollata mette in crisi molti aspetti della vita cittadina che determinano la salute. Il traffico, le fabbriche, i generatori e la costruzione avvelenano l’aria, mentre le scorte d’acqua possono essere contaminate, gli alloggi poveri danneggiano la salute dei bambini e l’approvvigionamento e la qualità di cibo possono essere compromessi.

Ecco allora l’urgenza di agire, soprattutto per evitare le malattie, investendo in prevenzione, favorendo stili di vita corretti adattando le città ad essi. Stili di vita metropolitani corretti. Dice il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi: “Barra dritta sulla prevenzione, primaria e secondaria, perché i dati indicano chiaramente che laddove queste azioni sono state incisive i risultati sono evidenti, come testimonia la diminuzione dell’incidenza di alcuni tumori”. Ricciardi lo dice da tempo, insieme a pochi altri finora. O meglio sono tanti a predicarla, senza però crederci realmente. Anche perché tutto il sistema consumistico agisce contro, usando parole chiave come salute e benessere e biologico proponendo però negli stili di vita tutto quanto andrebbe in realtà combattuto se in eccesso.
In Italia aumentano gli obesi e non diminuiscono i fumatori, cresce il consumo di alcolici, aumenta di percentuali ancora minime l’attitudine al movimento fisico e allo sport. Mentre cronicità e multicronicità, tutt’altro che sotto controllo nell’incidenza e nella corretta gestione, fanno saltare il banco sanitario per le ricadute economiche e sociali. Tanti i non autosufficienti, già a partire dai “giovani anziani” (tra i 65 e i 74 anni): oltre il 30% degli over 65 ha molta difficoltà o non è in grado di usare il telefono, prendere le medicine e gestire le risorse economiche, preparare i pasti, fare la spesa e svolgere attività domestiche leggere, svolgere occasionalmente attività domestiche pesanti. E saranno ben 1,6 milioni, nel 2028, le persone non in grado di svolgere attività quotidiane per la cura di sé, mentre quelle con problemi di autonomia (preparare i pasti o gestire le medicine, ad esempio), arriveranno a 4,7 milioni.
Da qui alle considerazioni sulla sostenibilità effettiva del Servizio sanitario nazionale, il passo è breve. Di qui l’analisi che l’urbanizzazione gioca come effetto moltiplicatore dei problemi. Da qui le conclusioni che agendo sulle città sane e sulla prevenzione anche la sanità si risana.

Anziani e ultra-anziani in buona salute e autosufficienti permettono al servizio sanitario di preservare le caratteristiche di universalità, qualità, gratuità (o quasi). Con qualche falla certamente ma risolvibile, con gravi differenze da Regione a Regione che è possibile limare, con una penalizzazione per i cittadini del Sud le cui cause sono per lo più note. Il problema è che, se la situazione non cambia, i giovani adulti di oggi probabilmente non saranno anziani in salute perché influenzati da stimoli diabetogeni, obesogeni, cardiopatogeni.
Stimoli tambureggianti sui media tradizionali e sui social, che arricchiscono i venditori di stili di vita sbagliati ma etichettati come benefici. Quali sono i modelli spesso schizofrenici che, secondo i persuasori occulti, rendono “fighi”? Mangiare biologico per poi bere come spugne nelle apericene o nell’immancabile movida, non fare un passo a piedi per poi sudare un po’ nell’immancabile palestra, mangiare cibo spazzatura e bere bevande artificiose e artificiali se di moda, prendere integratori per dimagrire, non avere rughe, salvare muscoli e articolazioni senza poi fare attività fisica e senza seguire una corretta alimentazione, temere il glutine e mangiare poi dolci e gelati “industriali”… e tanti altri esempi di stili di vita alterati e contraddittori che però il sistema propone e impone. Tutti, più o meno, all’opposto della vera prevenzione.